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La corrosione è un processo di
degradazione e ricomposizione con altri elementi a cui
sono soggetti i metalli. Questi si trovano ad un livello
energetico maggiore di quello a cui stanno i
corrispondenti minerali e, in determinate condizioni
ambientali, sono soggetti a corrosione.
Il processo di corrosione avviene secondo diversi
meccanismi chimico/fisici.
Corrosione chimica o in ambiente secco
Porta in ferro con evidenti segni di corrosioneÈ una
corrosione chimica, che si manifesta quando un metallo è
immerso in un'atmosfera gassosa di natura diversa da
quella normale (cloro, acidi, ossigeno secco ecc.),
oppure uguale ma ad elevata temperatura, le due
condizioni si possono avverare contemporaneamente,
favorendo così la corrosione. Le condizioni esterne (atmosfera,
temperatura ecc.) e la natura del metallo possono creare
una sottile pellicola di ossido stabile, dallo spessore
di qualche μm, al di sotto della quale prosegue la
diffusione dell'ossigeno.
Si ha corrosione puramente chimica quando un metallo è
immerso, in assenza di umidità, in un’atmosfera gassosa
di natura diversa da quella normale oppure normale ma ad
elevata temperatura: le due condizioni si possono
verificare contemporaneamente favorendo la corrosione.
Le condizioni esterne e la natura del metallo possono
creare una sottile pellicola stabile (passivazione) che
cessa non appena sono varcati i limiti dello stato di
equilibrio.
La formazione di ossidi di ferro è la conseguenza della
permanenza eccessiva di un acciaio a temperatura elevata
in un ambiente ossidante.
Durante il raffreddamento in aria si forma un
rivestimento fragile costituito da 3 ossidi.
La ruggine è quindi costituita da uno strato di ossidi
che non protegge l’acciaio sottostante dal procedere
della corrosione perché tale strato è friabile e non
sufficientemente aderente. Nel caso di rame o alluminio,
l’ossido ha un peso specifico minore del peso specifico
del metallo stesso, quindi, a parità di peso l’ossido
occupa maggior volume e quindi protegge il materiale
sottostante. Nel caso dell’acciaio, invece, l’ossido ha
un peso specifico maggiore del peso specifico del
metallo stesso, quindi, a parità di peso l’ossido occupa
minor volume e si ritira e crea delle crepe dove penetra
altro ossigeno che continua il processo corrosivo nella
parte sottostante. Pertanto la pellicola di ossido di
ferro non può essere considerata protettiva.
Aspetti termodinamici
L'affinità chimica di tutti i metalli, tranne l'oro, per
l'ossigeno a temperatura ambiente è positiva e in
seguito diminuisce all'aumentare della temperatura. Ne
consegue che vi è sempre la tendenza a formare ossidi,
più o meno stabili a seconda dell'intervallo di
temperatura.
Se poi si considera una lega, si hanno casi diversi:
ossidazione del metallo soluto, se questo ha un'affinità
per l'ossigeno maggiore e la diffusione di quest'ultimo
nella lega è buona;
ossidazione del metallo solvente: si forma uno strato di
ossido del solvente con all'interno particelle del
soluto;
ossidazione di entrambi.
serie elettrochimica
Aspetti cinetici
Si considerano qui i fattori che intervengono sulla
velocità di accrescimento dello strato di ossido:
rapporto tra il volume dell'ossido che si forma e quello
del metallo base ossidato, che determina lo stato del
film di ossido: tensionato, in leggera compressione,
raggrinzito;
all'aumentare della temperatura diminuisce l'energia
liberata dal metallo nel processo di corrosione e quindi
l'energia che può passare all'ossigeno molecolare
affinché si dissoci in atomico e si leghi agli atomi
metallici. In generale, comunque, la velocità aumenta
con la temperatura, ma non sempre con andamento lineare;
si preferiscono quindi metalli che obbediscono alle
leggi logaritmiche e cubiche (alluminio e sue leghe,
aggiunte di cromo);
la permeabilità all'ossigeno e la conducibilità
elettrica dell'ossido.
Corrosione intercristallina (o intergranulare)
Si manifesta ai bordi dei grani di una soluzione solida,
in particolare dell'acciaio inossidabile austenitico o
ferritico che sia stato sensibilizzato con un
riscaldamento oltre i 500°C.
In queste condizioni infatti si ha la precipitazione dei
carburi di cromo, i quali, grazie all'alta temperatura,
diffondono verso le zone distorte (i bordi dei grani),
dove vi è una maggiore concentrazione di carbonio.
Si crea così una situazione di bordi dei grani ricchi di
carburi di cromo, che fungono da catodo, e di matrice
circostante con Cr < 12%, non più passivata e quindi
fungente da anodo: può così iniziare la corrosione a
umido. Una grana fine in questa situazione è
controproducente, in quanto una maggiore estensione dei
bordi dei grani implica maggiore estensione delle zone
sottoposte a corrosione.
Per ridurre tale corrosione è consigliabile attraversare
velocemente l'intervallo critico di temperatura (per
esempio con raffreddamento in acqua) oppure prolungare
il riscaldamento: questo per impedire o favorire la
diffusione del cromo. Un'ulteriore soluzione, adottata
spesso negli acciai inossidabili austenitici, è
aggiungere in lega quantità relativamente piccole di
metalli più carburabili del cromo (Ti, Cb o Ta), che,
formando i propri carburi, impediscono la carburazione
del cromo.
Una soluzione largamente diffusa consiste nel
decarburare l'acciaio, portando la percentuale di
carbonio al di sotto dello 0,03%, così da limitare la
formazione di carburi di cromo; questi materiali sono
contraddistinti dalla sigla "L" (Low Carbon).
Corrosione galvanica o elettrochimica o in ambiente
umido
Il fenomeno della corrosione galvanica o elettrochimica
si ha quando due materiali di diverso potenziale
elettrico (nobiltà differente), vengono posti a diretto
contatto tra di loro, in presenza di un terzo elemento (elettrolito).
Le reazione che avvengono durante il processo di
corrosione sono tutte redox.
In questa situazione si genera un flusso di elettroni
dal materiale meno nobile (avente potenziale maggiore),
denominato anodo o polo positivo che si ossida, verso
quello più nobile avente potenziale minore, denominato
catodo o polo negativo che si riduce.
Pertanto si riscontra un aumento della velocità di
corrosione del materiale meno nobile (per esempio zinco,
ferro, nichel) e una diminuzione della velocità
dell’attacco corrosivo del materiale più nobile (per
esempio rame, argento, acciaio inox).
I concetti alla base della corrosione per contatto
galvanico di metalli possono essere estesi anche agli
accoppiamenti di metalli e leghe con materiali da loro
differenti, quali ossidi e solfuri, purché dotati di
conducibilità elettronica (per esempio magnetite,
solfuri di rame e ferro, grafite).
L'entità della corrosione dipende:
dalla diffferenza di potenziale che si crea tra i due
elementi e che è tanto più grande quanto più distanti
sono gli elementi stessi nella scala dei poteziali
standard (scala galvanica o nobiltà);
dalla quantità di ossigeno presente nell'ambiente;
dal rapporto tra la superficie complessiva dei due
metalli e qualla del metallo meno nobile.
La nobiltà relativa dei diversi materiali metallici non
risulta essere univocamente definita dai valori
termodinamici riportati nella serie elettrochimica dei
potenziali di equilibrio di ossidoriduzione per le
reazioni di ionizzazione dei vari metalli.
È necessario, infatti, conoscere anche i valori dei
potenziali che i diversi materiali assumono una volta
immersi in ambienti aggressivi “reali”, stabilendo in
questo modo delle serie galvaniche “pratiche”, relative
al comportamento dei vari materiali metallici qualora
vengano accoppiati nei differenti ambienti in esame.
La nobiltà di un materiale metallico può infatti variare
in un ampio intervallo di potenziale in dipendenza delle
condizioni sia dell’ambiente (composizione, valore di
pH, temperatura, presenza o assenza di condizioni di
scambio termico, agitazione,…) che del materiale
metallico (passività a seguito della presenza di film
superficiali protettivi o attività quando la superficie
metallica è direttamente a contatto con il mezzo
aggressivo).
In termini applicativi, la realizzazione di
accoppiamenti di materiali prossimi tra loro nelle serie
galvaniche dovrà essere considerata favorevole,
risultando questi materiali tra loro “galvanicamente
compatibili”, mentre dovrà essere il più possibile
evitato l’impiego di materiali tra loro lontani nella
serie galvanica d’interesse.
Nel processo di corrosione per contatto, in qualche caso
può verificarsi un’inversione di polarità della coppia
per cui il materiale inizialmente si comporta da catodo
e viceversa.
Un esempio classico è quello della coppia Zn-Fe in acque
naturali a temperatura elevata; lo zinco, metallo meno
nobile e inizialmente anodico rispetto al ferro, a
seguito della formazione di un film passivante stabile
di ossido di zinco dotato di conducibilità elettronica,
assumerà nel tempo un comportamento catodico rispetto al
ferro.
Tra i fattori che regolano la corrosione per contatto va
ricordata la conducibilità elettrica dell’ambiente
aggressivo. Infatti, nei mezzi dotati di elevata
conducibilità l’attacco è intenso e si fa sentire a
distanze elevate, mentre in ambienti con alta
resistività la corrosione risulta limitata alla zona
anodica in prossimità della giunzione con l’area
catodica. Per tale motivo questo tipo di corrosione
risulta particolarmente grave in acque di mare ma non in
acque dolci che hanno una conducibilità di almeno due
ordini di grandezza più bassa.
Un altro fattore importante nella regolazione della
corrosione galvanica è rappresentato dal rapporto tra le
aree catodiche e quelle anodiche; le condizioni più
sfavorevoli si realizzano quando l’area anodica è
piccola rispetto a quella catodica, in quanto l’attacco
corrosivo si concentra sull’area limitata. Un esempio
tipico può essere l’impiego di elementi di giunzione in
ferro (chiodi o viti) su strutture in rame.
La prevenzione o il contenimento della corrosione per
contatto possono essere realizzati evitando il contatto
tra materiali di nobiltà molto diversa o isolando tra
loro, ove possibile, materiali metallici differenti.
Anche l’impiego di rivestimenti protettivi o di
inibitori può ridurre il rischio di corrosione per
contatto. Qualora sia impossibile evitare l’impiego di
una coppia di materiali metallici tra loro non
compatibili, si può ampliare la catena galvanica,
introducendo un terzo metallo, meno nobile di quelli
costituenti la coppia, agente quindi come anodo
sacrificabile.
Nobiltà dei metalli
I metalli sono caratterizzati da una loro nobiltà, che
indica la maggiore o minor facilità dei materiali a
cedere un certo numero di elettroni.
I metalli più nobili (rame, argento, ecc) cedono più
difficilmente gli elettroni che non i metalli meno
nobili (ferro, zinco, ecc.).
Dal punto di vista puramente qualitativo qui di seguito
viene riportata la scala galvanica (riferita
all'elettrodo ad idrogeno) dei più comuni metalli e
leghe (partendo dal meno nobile):
Litio
Sodio
Magnesio
Titanio
Alluminio
Manganese
Zinco
Cromo
Ferro - (Acciaio al carbonio, Ghisa)
Cadmio
Nichel
Stagno
Piombo
Rame
Acciaio inox
Argento
Mercurio
Platino
Oro
Corrosione del ferro e delle sue leghe (acciao e
ghisa)
La condizione necessaria affinchè si manifesti la
corrosione elettrochimica del ferro, a temperatura
normale, è che il manufatto si trovi in presenza di
acqua e ossigeno.
In un metallo X isolato, immerso in una soluzione
acquosa, avviene naturalmente la seguente reazione:
X → Xn+ + ne-
Questo significa che X ha la tendenza a far passare in
soluzione alcuni atomi diposti sulla sua superficie
sotto forma di ioni Xn+.
Poichè gli ioni che passano in soluzione lasciano nel
metallo i loro elettroni più esterni ne-, il metallo
stesso si carica negativamente.
In questa situazione alcuni ioni Xn+ verranno attratti
dal metallo e si ridepositeranno sulla sua superficie in
forma metallica secondo la reazione:
Xn+ + ne- → X
Quando le due reazioni raggiungono la stessa velocità si
ha un equilibrio dinamico, cioè il numero di atomi che
lasciano il metallo è uguale al numero di ioni che si
ridepositano su questo.
A questo punto Il metallo assumerà un determinato
potenziale elettrico (potenziale di ossidoriduzione).
Qualora, in presenza di un elettrolito, due metalli (o
parti dello stesso metallo) a diverso potenziale vengono
messi a contatto, si forma una cella galvanica o pila.
Il suddetto processo dipende dalla natura chimico-fisico
del metallo e dal tipo di ambinete in cui è immerso.
Sulla superficie dei manufatti in acciaio, a causa delle
lavorazioni subite, vi sono sempre zone o punti che
differiscono tra loro fisicamente o chimicamente e che
pertanto hanno un diverso potenziale; .
Tra due di questi punti, nonostante la differenza di
potenziale (ΔE), non vi è però passaggio di corrente se
l'ambiente è secco, anche in presenza di ossigeno, non
potendosi realizzare un conduttore ionico.
Se invece sulla superficie del manufatto si deposita uno
strato di acqua o un leggero velo di umidità,
normalmente contenuta nell'atmosfera, tra i due punti
con differenza di potenziale si vengono a costituire
miriadi di minuscole pile, poichè:
si genera un circuito ionico che si effettua nel velo di
acqua o umidità (conduttore di seconda specie)
si genera un circuito elettronico che si effettua nel
ferro (conduttore di prima specie).
L'acqua infatti a causa del suo carattere anfotero è
debolmente dissociata in ioni idrogeno H+ e ossidrili
OH-:
H2O → H+ + OH-.
Pertanto, anche se l'acqua è purissima, presenta una
piccola ma misurabile conducibilità elettrica.
Per quanto sopra la corrosione nel ferro segue il
seguente processo.
Nella zona anodica, il ferro passa in soluzione cedendo
all'acqua o al velo di umidità, lo ione Fe++ e liberando
nel contempo degli elettroni:
2Fe → 2Fe++ + 4e-.
Gli elettroni liberati dagli atomi di ferro in
corrispondenza dell'anodo, migrano attraverso il metallo
(circuito elettronico) al catodo, dove reagiscono con
gli ioni idrogeno H+ provienienti dal circuito ionico:
4H+ + 2e- → 2H2
Questo ha un duplice effetto:
in primo luogo, venendo meno ioni idorgeno nel velo
d'acqua aumenta la concetrazioni di ioni ossidrilli OH-
e pertanto l'area catodica diviene alcalina
in secondo luogo, la formazione di gas idrogeno tende a
polarizzare ed inibire ulteriori reazioni. Il mantello
gassoso che si forma rallenta l'avvicinamento di molti
ioni idrogeno verso la zona catodica e ostacola la fuga
di nuovi elettroni da essa.
A questo punti interviene l'ossigeno presente nell'acqua
o nel velo di umidità reagendo con il gas idrogeno, con
formazione di acqua, che depolarizza il catodo:
2H2 +O2 → 2H2O.
Nel contempo nella zona anodica gli ioni ossidrili
provenienti dal catodo attraverso il circuito ionico,
incontrano gli ioni ferrosi Fe++ che si diffondono
dall'anodo nell'acqua o nel velo di umidità, con
formazioni di idrato ferroso:
2Fe++ + 4OH- → 2Fe(OH)2
In presenza di sufficiente ossigeno nella zona anodica,
lo ione ferroso viene ossidato a ione ferrico con
formazione di ossido ferrico idrato ( che costituisce
chimicamente la ruggine), poco solubile, che precipita
sul metallo:
2Fe(OH)2 +½O2 →Fe2O3.nH2O + H2O.
Data la tendenza degli ioni ferrosi a diffondersi
dall'anodo prima di combinarsi e formare la ruggine,
questa depositatasi sulla superficie del manufatto in
ferro, si presenta come un prodotto spugnoso con labile
adesione sul metallo all'anodo.
Pertanto la sua azione protettiva (passivazione) non è
sufficiente a inibire od arrestare il processo corrosivo
come avverrebbe se i prodotti dell'ossidazione fossero
perfettamente aderenti e compatti.
La continua perdita di metallo all'anodo può verificare
profonde cavità e persino la perforazione dello stesso
elemento in acciaio.
Quanto su detto vale per l'azione dell'acqua e
dell'ossigeno sulla corrosione dell'acciaio.
Nel caso si è in presena di elettroliti, il processo di
corrosione è accelerato.
questo avviene per esempio in atmosfera marina o in
acqua di mare.
In questa situazione resta valido il meccanismo visto
precedentemente, ma gli ioni ferrosi che si diffondono
dall'anodo si combinano più facilmente con gli ioni
cloro prodotti dalla dissociazione elettrolitica del
cloruro di sodio nell'acqua o nel velo di umidità,
formando cloruro ferroso:
4NaCl → 4Na+ + 4Cl-
2Fe++ + 4Cl- → 2FeCl2.
Contemporaneamente nella zona catodica gli ioni sodio si
combinano con gli ioni ossidrilli (OH-) formando idrato
di sodio: 4Na+ +4OH- → 4NaOH.
La successiva reazione tra cloruro ferroso, idrato di
sodio e l'ossigeno, presente nell'acqua o nel velo
d'umidità, determina la formazione di ossido ferrico:
4FeCl2 + NaOH + O2 → 2Fe2O3 + 8NaCl + 4H2O
Poichè anche in questa caso sia il cloruro ferroso che
l'idrato sodico sono molto solubili, diffondendosi nel
circuito ionico sia nella zona anodica che catodica, la
ruggine che desposita sulla superficie del materiale
ferroso risulta ancora molto spugnosa e molto labile e
pertanto non riesce a passivare il metallo.
Inoltre il processo di corrosione è ulteriormente
facilitato dalla rigenerazione del cloruro di sodio.
Metodi di protezione dalla corrosione
Per arrestare la corrosione si possono utilizzare una
protezione di tipo passivo e/o di tipo attivo.
Nel primo caso la protezione serve ad isolare la
superficie del metallo dall'ambiente esterno mediante il
suo rivestimento (previo accurata pulizia della stessa)
con ad esempio:
un film di pittura protettiva;
manti a base di polietilene o bitume, frequentemente
usati come rivestimento esterno delle tubazioni in
acciaio interrate.
prodotti di ossidazione ottenuti ad esempio mediante
l'ossidazione anodica, utilizzata per metalli come
l'alluminio, il nichel o il cobalto. Gli ossidi di
questi materiali sono molto tenaci ed aderenti allo
strato superficiale e pertanto passivano il metallo.
metalli meno nobili, quali lo zinco. In questo caso si
parla della zincatura, usata per proteggere il ferro,
effettuata immergendo il metallo, in un bagno fuso di
zinco. In questo caso, poichè lo zinco è più riducente
del ferro, anche se un parte della superficie ferrosa
rimane scoperta, l'ossidazione procede sullo zinco (con
formazione di ruggine bianca costituita prevalentemente
da idrossido di zinco e in minima parte da ossido e
carbonato)e il ferro rimane protetto fino a quando non è
stato consumato tutto lo zinco.
metalli più nobili, quali il cromo. In questo caso si
parla di cromatura che viene utilizzata per proteggere i
manufatti di ferro. Il rivestimento della superficie del
ferro avviene per lo più per via elettrolitica.
Le protezioni attive sono chiamate protezioni catodiche
e sono uilizzate per eliminare i fenomemi di corrosione
dei manufatti di ferro interrati.
Si possono distinguer due tipologie di protezioni
catodiche:
a corrente impressa: consiste nell'applicare
dall'esterno una fem contraria, ossia collegare il
manufatto al polo negativo di un generatore esterno il
cui polo positivo è a sua volta collegato ad un
elettrodo inerte (esempio grafite) interrato in
prossimità del manufatto. L'umidità del terreno funge da
elettrolita.
ad anodo sacrificale o ad accoppiamento galvanico:
consiste nel collegare direttamente il maufatto in ferro
ad un elettrodo interrato costituito da un metallo meno
nobile (più riducente) del ferro stesso, quali lo zinco
o il magnesio. Si viene a creare una cella galvanica in
cui il ferro funge da catodo e l'elettrodo da anodo che
di conseguenza si corrode preservando così l'integrità
del manufatto in ferro fino a quando l'anodo non si
consuma completamente.